I Processi di Pricing e Costing in Product Mix Complessi
La crisi che stiamo vivendo spinge aziende di ogni dimensione a differenziare le attivita’ tradizionali e realizzare economie di scopo, di scala, di esperienza.
Nei mercati dei beni tangibili il problema della definizione del product mix, che tradizionalmente era di quasi esclusiva competenza delle aziende commerciali, e’ ora di vitale importanza anche per le aziende produttrici.
Molte aziende agroalimentari italiane che in questi anni hanno perseguito una politica di specializzazione (talvolta di nicchia), lavorando principalmente nella dimensione del miglioramento della qualita’ e della comunicazione del prodotto, si trovano oggi ad affrontare la necessita’ di operare un cambiamento strategico: ampliare la gamma dell’offerta con prodotti meno costosi, caratterizzati da una minore profittevolezza, o persino da marginalita’ negativa, per sostenere le nuove emergenze di liquidita’ e di riduzione dei costi di produzione
Questo articolo analizza il nostro approccio alle scelte strategiche di definizione del mix di prodotti, sia nella produzione che distribuzione, applicato al settore agroalimentare Food and Beverage (“F&B”).
La practite F&B costituisce una delle principali aree di competenza di LENconsulting.
Poiche’ il tema del mix e’ una priorita’ di molte aziende di produzione e distribuzione.
LENconsulting ha sviluppato una metologia per supportare e gestire le decisioni di differenziazione o focalizzazione, ampliamento o riduzione di gamma, lavorando su un set di casi molto eterogeneo.
Esaminiamo tre casi paradigmatici:
– Un produttore di vino d’alta gamma per far fronte alla crisi ci ha chiesto di affiancarlo nella decisione di investimento; il produttore vuole introdurre una linea di prodotti molto economici destinati alla grande distribuzione per realizzare economie di scala: diminuire costi di produzione, etichettatura ed imbottigliamento. Se da una parte l’ampliamento del mix richiede un investimento rilevante in vigna ed in cantina, ammortizzabile in diversi anni, e rischia di offuscare il posizionamento brand, dall’altra rappresenta l’unica via di uscita dal segmento top-end, caratterizzato da un continuo calo del fatturato, un aumento dei tempi di incasso e sovraesposizione al rischio credito.
– Un distributore di prodotti dry al mercato food service ci ha chiesto di valutare l’ampliamento del listino a “prodotti poveri” (riso, sale, pasta) per recuperare capacita’ inutilizzata su diverse rotte e, contemporaneamente, di ripensare il sistema di formazione del prezzi ed i driver di profitto. L’ampliamento del mix in questo caso rappresenta una decisione piu’ tattica e di breve preriodo, che strategica come nel caso precedente,
– Un grande consorzio di produzione di prodotti caseari ci ha richiesto di produrre uno studio di fattibilita’ per la realizzazione di nuovi porzionamenti e confezionamenti per ridurre il costo dell’unita’ di vendita ed aumentare la profittevolezza. In questo caso’etensione di gamma e’ diretta a prodotti di alta fascia.
Si tratta di tre casi molto differenti alcuni di natura tattica, altri di natura strategica, ma con un minimo comun denominatore: la ri-defininzione del product mix, la decisione di ridurre o ampliare la gamma di prodotti offerti.
A prescindere dalla natura dell’intervento, il primo passo e’ quello di chiarificare la srategia aziendale, collaborando con la proprieta’ e la direzione per allineare ogni piu’ piccola azione e decisione alla strategia ed al modello di business; se il modello o la strategia non sono sufficientemente definiti interveniamo prioitariamente nella definizione del contesto.
Il secondo passo e’ costituito dalla definizione di Key Performance Indicator, ad esempio fatturato, margine di contribuzione percentuale (per prodotto e medio), incidenza percentuale delle vendite per prodotto; nei casi di mix molto complessi i prodotti sono ragruppati in cluster omogenei. In questa fase ci preoccupiamo di definire come questi indicatori possono essere misurati e con che frequenza possono essere monitorati e processati per supportare le decisioni.
Quando possibile forniamo ai clienti degli strumenti (cruscotti o “dashboard”) per monitorare gli indicatori e verificare l’allineamento delle azioni intraprese agli obiettivi strategici.
Il terzo passo e’ quello di associare all’insieme di KPI driver specifici di crescita o di riduzione, di costo e di ricavo, nel caso di grandezze economiche; si tratta in buona sostanza di definire un sistema di causa-effetto che lega tutte le grandeze su cui voglio agire.
Il modello di business viene declinato in una struttura complessa di grandezze e relazioni tra grandezze in cui la gammadi prodottti assume un ruolo baricentrale.
Questo peche’, molto spesso, una variazione del mix ha un impatto lungo diverse dimensioni sovente anche di segno diverso: p.e. l’introduzione di prodotti “poveri” abbassa il costo di logistica di trasferimento ma aumenta il costo di logistica distributiva “dell’ultimo miglio”, aumenta il fatturato ma diminuisce la marginalita’.
Il quarto, ed ultimo passaggio e’ quello di definire un modello ed un sistema di simulazione basato sulla definizione di scenari costituiti da KPI e relazioni costitutive.
Dal modello e dalle simulazioni si ricavano una serie di prescizioni manageriali immediatamente spendibili; viene quindi definito un piano d’azione, una serie di misure e di obiettivi da raggiungere in un determinato arco temporale.