5 Gennaio 2021

Il fascino della turbolenza

Quando si sente nominare la parola “turbolenza”, normalmente ci si mette in allarme. Non che sia sbagliata questa reazione, ma considerando che in stato di turbolenza (ahimè economica, climatica, ambientale, digitale, culturale, politica, e chi più ne ha più ne metta) ci stiamo da anni e la stessa diventa sempre più vertiginosamente veloce e pericolosa, tanto vale entrare in confidenza e comprendersi reciprocamente.

Non dico che si viva nel caos (non ancora), ma sicuramente le cose sono meno ordinate ed ordinabili di un tempo.

Ma ‘sta turbolenza, poi, è davvero così recente? Di cambiamenti disordinati ne abbiamo già passati molti. Pensate solo all’Industria 4.0.

Cos’è l’Industria 4.0

L’industria 4.0 (suona anche a voi ormai antico, eh?) è “semplicemente” un nuovo modello di organizzazione e gestione dei sistemi aziendali che ha aggiunto nuovi elementi a quelli che già conosciamo: connessioni digitali oltre a quelle fisiche, analisi in tempo reale dei flussi di dati provenienti da tutti i dispositivi, Data Analytics più immediati per migliorare i processi produttivi.

Il tutto basato su:

  • raccolta di informazioni provenienti dal mondo “fisico” e trasformazione in dati digitali
  • condivisione di informazione e trasformazione dei dati in conoscenza
  • applicazione di algoritmi per tradurre i dati in decisioni, al fine di individuare azioni correttive e/o migliorative e facilitare i cambiamenti nel mondo fisico

Il modello dell’industria 4.0 implica non solo un adeguamento delle competenze di manager e dipendenti, ma anche un’evoluzione di modelli e di processi organizzativi verso strutture orizzontali (oddio l’ho detto!!).

I veri cambiamenti

Il cambiamento organizzativo è ormai una condizione strutturale delle organizzazioni complesse.

Ma la vera “questione” è, piuttosto, l’evoluzione culturale delle aziende.

Le imprese oggi sono dotate di “modernità multiple”: molteplicità di sistemi culturali, strategie e strutture sociali, identità alla ricerca di un autore, valori e norme, non più quindi sistemi monolitici, caratterizzati da unica identità e cultura organizzativa (vecchi tempi, quelli!).

Per gestire la crescente complessità ambientale, le aziende devono adottare:

  • diversi stili di comunicazione, configurazioni organizzative e processi lavorativi
  • implementare sistemi di apprendimento organizzativo e di gestione della conoscenza

I conflitti aziendali oggi

Le aziende sono, oggi più che mai, ibride (e quindi colme di conflitti interni) sotto diversi aspetti:

  • culture monolitiche vs melting pot culturali
  • pianificazioni lineari vs implementazione di modelli circolari
  • staticità vs turbolenza
  • autonomia e controllo vs responsabilizzazione e autonomia diffusa

La capacità di ripensare continuamente l’organizzazione, di sperimentare l’emergenza come situazione di normalità, di adattamento attivo ai continui cambiamenti di un ambiente turbolento sono in contrasto con una rigida struttura gerarchica, basata sulla standardizzazione dei processi e delle procedure di lavoro e sull’ossessività del controllo.

Come se ne esce?

E che ne so?

Sicuramente non con una ricetta uguale per tutti, questo lo so.

So anche che prima di iniziare il processo di rimodellizzazione bisogna, in maniera molto onesta, rispondere alle domande:

  • Chi esattamente desidera il cambiamento e perché?
  • Quali sono i vantaggi?
  • I vantaggi a chi arrivano?
  • Chi paga i costi?
  • Quali sono gli effetti negativi nel medio/lungo termine (guai a voi se saltate quest’ultima domanda!)?

Solo con questa chiarezza, si potrà poi procedere l’ideazione del cambiamento organizzativo.

E siamo ancora agli inizi! E non abbiamo ancora affrontato i cambiamenti post-covid!

“Se se se senta sora dei spini, se se sponzi senza saver” (traduzione triestino/italiano: se ci si siede sulle spine, ci si può pungere senza saperlo)