9 Ottobre 2012

Le illusioni dell’ipercomunicazione. Le tecnologie favoriscono l’impegno?

L’evoluzione delle tecnologie basate su web ha profondamente modificato le modalità con cui l’individuo accede alle informazioni e vive la propria socialità. Entrambi questi aspetti sono oggi caratterizzati da crescenti livelli di “accessibilità” e “fruibilità”: aumentano i supporti con cui è possibile connettersi e si moltiplicano le piattaforme che consentono di accedere a luoghi virtuali popolati di persone e informazioni. Avere l’opportunità di accedere in modo continuativo a molteplici fonti di informazione e la possibilità di essere sempre online e connesso al proprio network professionale e amicale, genera illusioni.

Da un lato l’illusione di essere sempre aggiornati e informati, quando confondiamo il muro di informazioni che riceviamo con la comprensione dei fenomeni che ci circondano: conosciamo (e presto dimentichiamo) un numero crescente di episodi tra loro incoerenti che assumono per lo più un valore aneddotico ma in cui sono laschi se non del tutto assenti i nessi di causalità e i sistemi si senso. “Veniamo a conoscenza” di qualcosa, ma non la conosciamo in modo approfondito e anzi spesso dobbiamo  rimuovere il ricordo per fare spazio a nuove informazioni (dobbiamo svuotare il buffer).

L’adolescente che per mandare sms non parla con il proprio compagno di giochi e manager che per leggere e inviare e-mail con il proprio smartphone ignora un proprio collega o collaboratore, hanno in comune l’illusione che le relazioni per essere positive debbano essere numerose, rapide, immediate.

E c’è poi l’illusione dell’impegno: il moltiplicarsi delle informazioni a cui si accede, delle cause cui si aderisce, delle petizioni che si sottoscrivono, dei “mi piace” che si cliccando generano l’illusione di aver adempiuto ai propri doveri di cittadino. Se è vero che in alcuni recenti casi (Primavera Araba) la rete ha rappresentato uno strumento potente di cambiamento politico-sociale, forte è invece l’impressione che nell’occidente contemporaneo la rete funga da innocua camera di compensazione delle tensioni sociali. Migliaia o anche centinaia di migliaia di “Mi piace” su Facebook rappresentano un fenomeno di costume ma non generano un cambiamento, e anzi paiono ostacolarlo: sfogato con un click il proprio anelito rivoluzionario, l’utente passa presto al nuovo episodio che infiamma la rete per poi nuovamente abbandonarlo e dimenticarlo.