13 Giugno 2019

Mi ami? Ma quanto mi ami? (…) Ma quanto mi costi?

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La mia generazione sta sorridendo in questo momento, perché noi lo spot della SIP l’abbiamo vissuto in real time. I più giovani non sanno nemmeno cosa sia la SIP, i più vecchi (se ne esistono ancora) pagavano le bollette e non ridono per niente!

Ma veniamo a noi.

Questi dipendenti, li dobbiamo amare per davvero?

Non esageriamo, non voglio spingere sull’amore libero (in cui credo, peraltro, fermamente), non voglio esasperare i toni e forzare sentimenti che, secondo me, devono restare personali. D’altra parte, però, bisognerà pure scavalcare l’anacronistica questione Taylorista/Fordiana del lavoratore “bovino” ammaestrato da capi “gorilla” per approdare a modelli più sensati (e performanti), coerenti e più in linea con i cambiamenti sociali, economici e culturali, no!?

Se da tempo sappiamo quanto il benessere aziendale aumenti la performance, cos’è che ci frena ad andare incontro a questo cambiamento?

Il cambiamento stesso? Sicuramente si, ma parliamone.

Cos’è cambiato

Sono cambiate molte cose:

  • Partendo da lontano, da quando la donna lavoratrice ha acquisito il diritto alla maternità ha imposto un’interruzione alla linearità temporale lavorativa condotta dagli uomini fino a quel momento
  • L’uomo non ha gli stessi diritti al congedo di maternità della donna e questo stona con il senso di genitorialità vissuta dai maschietti oggi
  • La tecnologia ha fatto passi da giganti: abbiamo mezzi, strumenti, tecniche innovative e produttivissime, MA la produttività rimane piatta (soprattutto e in modo particolarmente preoccupante in Italia)
  • Aumenta (e compare per la prima volta in molti settori “non sospetti” fino a poco tempo fa) in modo esponenziale il burn out dovuto non solo allo stress da lavoro correlato, ma pare alla mancanza di umanità presente (o meglio assente) in ambito aziendale
  • I millenials che si definiscono e percepiscono come working care giver (quindi non più separatamente lavoratori e portatori di cura) nel 2025 copriranno il 75% della popolazione aziendale
  • Le famiglie monogenitoriali sostituiscono e superano numericamente le famiglie “tradizionali”
  • La nostra è la prima generazione sandwich dedita contemporaneamente sia alla cura dei figli quanto a quella dei genitori

Si capisce quanto lavoro e affetti si siano già commistionati in un nuovo modello che non può più reggere incastrato in quello tipicamente rigido che utilizziamo nella gran parte delle aziende oggi?

Amare, comprendersi, evolvere

A questo punto appare quasi urgente il cambio di paradigma.

Sono cambiati i cicli di vita, è cambiato il modo di intendere il lavoro, è cambiato il modo di apprendere, sono cambiati valori, priorità e stili di vita.

Come si fa a crescere insieme e scrivere la nuova puntata della storia d’amore tra lavoratore e azienda?

  • Comprendendo i bisogni di entrambe le parti: i collaboratori sono importantissimi, tutto parte da loro ed a loro è dovuto il successo aziendale, ma non scordiamoci che la soluzione si trova sulla strada della crescita aziendale. Quindi convergenza è la parola d’ordine
  • Evitare di insistere nello scomporre il dipendente con la persona: siamo un tutt’uno ed il pacchetto non è smontabile. Più ci si viene incontro in entrambe le direzioni, meglio e prima si arriva ad obiettivo comune
  • Trasformare la dissonanza cognitiva in assonanza aziendale costruendo nuovi modelli lavorativi

 

Insisto, anche se non è la prima volta che ve lo dico: Welfare aziendale è sì risparmio fiscale, ma soprattutto attenzione ai dipendenti.

Facciamo un patto, ok? Risparmiate tutto quello che potete sui benefits (non sono assolutamente contraria, ci mancherebbe), ma poi investite quel denaro per creare benessere reale, valorizzate le persone, costruite nuovi modelli condivisi e forgiate la nuova etica. Male che vada, avrete fatto un buon Employer Branding.

 

Alora, come la magnemo? (traduzione triestino/italiano: allora, come la mettiamo?)